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Territorio

Reale sala d'armi borbonica

L’attuale Sala d’Armi è il risultato di un rifacimento ottocentesco (1830-43), su progetto del colonnello Gennaro Loiacono della chiesa di S. Giovanni delle Monache. La chiesa era stata già oggetto di importanti lavori di ricostruzione eseguiti da D. A. Vaccaro tra il 1737 e il 1753. La nuova chiesa dell’antico monastero fu giuicata dal Granata “una delle più ricche, e ben onorate di Capua”. Nulla è rimasto del “maestoso prospetto”, che verosimilmente doveva nascondere il tamburo ottagonale.

Interessanti, per ulteriori riscontri, sono le altre notizie dello storico capuano, sul quadro dell’altare maggiore, di Sebastiano Conca, e su quelli delle cappelle laterali, di Paolo di Majo. Egli ricorda anche un ostensorio argenteo del XV secolo, con reliquie della Vergine ed un suntuoso altare della cappella destra. Oggi sussistono, all’interno, alcune tracce della struttura primitiva, riconoscibili in alcuni ambienti corrispondenti alle cappelle laterali ed al coro, verso il monastero. Qui appaiono le ornamentazioni in stucco, agilmente riassuntive ed espressive, di peducci e volte con curiosi archi convessi.
La trasformazione in Sala d’Armi fu compiuta costruendo una notevole macchina lignea, comprendente due ranghi di scale di accesso autonome ai due lati, mentre una scala a doppia coclea concentrica serve una sorta di torre centrale, con ingegnosa compenetrazione.

I percorsi sono organizzati in modo da consentire una ordinata e veloce movimentazione delle armi sulle rastrelliere disposte tutt’intorno. La facciata attuale, non prima di qualche eleganza, rivela tuttavia di essere stata ridotta e totalmente ridisegnata. Una fornice centrale archivoltato si apre in un avancorpo leggermente aggettante, a bugne lisce, sullo sfondo di un parametro a bugne appena segnate; al di sopra, un ampio finestrone semicircolare segna la zona centrale, cui sono applicati lateralmente due ricchi trofei di armi in stucco, tipicamente neoclassici. Segue un fregio dorico sorretto da paraste angolari che delimitano la facciata. Alla quota del tamburo si realizzò poi una terrazza, forse corrispondente ad un primitivo belvedere delle monache.

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